Se ne vadano i ministri Beatrice Lorenzin e Pier Carlo Padoan, non i primari dell’ospedale Jazzolino di Vibo Valentia, che hanno rassegnato le dimissioni per la grave mancanza di interlocuzione politico-istituzionale, la carenza di risorse e i tagli dell’arbitraria rete dell’assistenza ospedaliera decretata dalla struttura commissariale per il rientro dal disavanzo sanitario della Calabria, peraltro con illegittime modificazioni successive.
di Dalila NESCI
La decisione dei primari vibonesi è la conseguenza dell’abbandono e del degrado assoluto della sanità calabrese a opera del governo Renzi, legittimato dall’immobilismo e dalla complicità dell’amministrazione regionale guidata da Mario Oliverio. La nuova rete dell’assistenza è stata adottata senza guardare ai bisogni effettivi, alle realtà funzionanti e ai punti di forza della sanità regionale. È una rete cervellotica e clientelare, che non considera affatto i cittadini, i pazienti, gli ammalati e gli operatori. Ancora una volta, la Calabria è stata gabbata da Roma, grazie ai giochi e agli equilibri di potere legati all’alleanza Pd-Ncd, in nome della quale le regole, le procedure amministrative, i diritti fondamentali e il buon senso vengono calpestati a ogni livello.
A riguardo ho interrogato nuovamente il presidente del Consiglio e i ministri della Salute e dell’Economia, evidenziando una totale inadeguatezza del commissario alla sanità calabrese, Massimo Scura, e del sub-commissario, Andrea Urbani, ora protagonisti perfino di modificazioni estemporanee e sostanziali del decreto in questione, prive di un decreto specifico.
Gli ultimi fatti, e in particolare le dimissioni dei primari vibonesi, dimostrano che il governo Renzi sta portando la Calabria al cimitero, tra il giubilo insulso dei Magorno e l’orribile ostentazione del grande circo degli accoliti.