Il governo ponga fine alla mortificazione dei lavoratori precari calabresi, che nonostante le risorse stanziate dallo Stato centrale sono pagati dalla Regione con gravi e inaccettabili ritardi, accompagnati da promesse politiche proprio in campagna elettorale.
di Dalila NESCI
Su pagamenti di Lsu-Lpu e affini ho presentato un’interrogazione rivolta al presidente del Consiglio e ai ministri del Lavoro e dell’Economia. Sulla questione avevo già inviato un esposto alla procura e alla Corte dei conti, chiedendo verifiche.
La vicenda è surreale. Nell’ultima legge di stabilità sono state previste le risorse necessarie per gli arretrati dei lavoratori precari. Tuttavia, nel 2014 si sono avuti i soliti ritardi, che in Calabria sono la regola, nell’immobilismo del potere. Di fatto il sistema mantiene migliaia di persone in condizioni di bisogno e dipendenza. Le responsabilità risalgono al lontano passato, quando furono avviate politiche per impedire che la popolazione del Sud si unisse alla protesta operaia nel Settentrione, in modo da creare un circuito economico basato sulle diseguaglianze e sulla disgregazione nazionali. Il dramma è che dopo decenni non è cambiato nulla, il che deve farci riflettere.
Spero tanto che i lavoratori precari della Calabria non siano più umiliati e che restino in guardia, per respingere ogni speculazione politica.