Dopo anni in cui la Rai ha discriminato il Sud, finalmente il servizio pubblico dovrà tener conto delle istanze del Mezzogiorno e dell’esistenza di una questione meridionale.
di Dalila NESCI
Abbiamo portato a segno un’altra importante vittoria in Commissione Vigilanza per tutti i cittadini. Specie quelli del Sud. Dopo anni in cui i partiti hanno diviso la Rai con logiche di potere, imponendo un servizio pubblico rivolto spesso a interessi economici e politici, ora le cose cambiano. Approvato un mio emendamento, simpaticamente ribattezzato “Quote Sud”, che fissa un punto essenziale: la Rai sarà tenuta “a considerare il Sud al pari delle altre aree geografiche dell’Italia, specie per quanto concerne l’arte, la cultura, l’economia, l’informazione e l’attualità, tuttavia guardando alle specificità, storiche e politiche, che ne contraddistinguono le condizioni sociali”.
La questione meridionale non è affatto superata, esiste e grava sull’intero apparato nazionale. Questione meridionale è forte emigrazione dalle aree più piccole e montuose del Mezzogiorno, con conseguente spopolamento e difficoltà di utilizzare risorse intellettuali e professionali per lo sviluppo dei territori; è mancata utilizzazione dei fondi che dovevano servire alla realizzazione di un’economia di impresa al Sud; è soprattutto controllo territoriale della criminalità organizzata, che si traduce in drenaggio di capitali pubblici destinati ai servizi primari e nella distruzione dei settori più importanti dell’attività pubblica.
Ecco perché vogliamo che anche la Rai faccia il suo: in questo vogliamo che il servizio pubblico abbia un ruolo propositivo e di informazione nell’articolazione delle istanze del Mezzogiorno e nella promozione delle sue risorse. Anche questo è fare politica di profondità: la Rai, che da sempre è la principale agenzia nazionale di formazione, avrà da qui in poi il compito di raccontare diversamente il Sud, improntando le sue produzioni su una restituzione di spazi e dignità all’intero Mezzogiorno.