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IL CERINO IN MANO DELLA SANITÀ CALABRESE, MA ORA SUPERIAMO IL DEBITO

Il Direttore Roberto Napoletano de "Il Quotidiano del Sud, l'altra voce dell'Italia" ha dato spazio al mio pensiero sulla situazione della sanità in Calabria in seguito alla recente sentenza della Corte Costituzionale. Ecco il testo pubblicato sabato 31 luglio 2021.

E’ questa la sensazione che tante volte ho provato quando denunciavo i misfatti della politica e della governance manageriale sulla Sanità calabrese. Un cerino che veniva passato di mano in mano per evitare di prendere posizione, per minimizzare le questioni, per delegittimare professionisti impegnati o cittadini indignati. Condivido il suo fervore, Direttore, sull’affaire commissariamento della Sanità calabrese. Lo condivido perchè è anche il mio. E nonostante le difficoltà, le narrazioni stereotipate che mai giungevano all’origine delle responsabilità e certe solitudini incontrate nel mio percorso politico, non ho mai inteso cedere al disimpegno. Ho incrociato pavidità e presunte ragioni di Stato, nel tempo, però, passi in avanti ne sono stati fatti e c’è chi ha avuto il coraggio di accendere un faro sulla Sanità Calabrese: l’ex Ministra Giulia Grillo ha avviato un tentativo, il Ministro Roberto Speranza non si è tirato indietro nell’affrontare questa sfida ormai incancrenita dal tempo e dalle occasioni perdute della politica regionale.

La sentenza n. 168 del 2021, della Corte Costituzionale ha rilevato profili di incostituzionalità delle norme di recente emanate al fine di supportare l’azione commissariale di risanamento della Sanità in Calabria. Sentenza che come esponente del governo, non intendo leggere con gli occhi dello speculatore politico. La Consulta ha innanzitutto dichiarato l’illegittimità costituzionale del “decreto Calabria” nella parte in cui non prevede che al prevalente fabbisogno della struttura commissariale provveda direttamente lo Stato ma si prevede che il supporto della Struttura Commissariale sia affidato al personale degli uffici regionali e di fatto al Dipartimento della Salute. Dipartimento che, in questi dieci anni, è stato via via smantellato da ogni giunta regionale senza soluzione di continuità. E’ pur vero che, consapevoli di queste difficoltà, nei “decreti Calabria” è stato sempre previsto il supporto di Agenas. Sono però anch’io convinta che si debba fare di più. Per questo saluto la sentenza della Consulta come grande opportunità per ogni livello istituzionale. La Corte Costituzionale se da un lato riconosce il ruolo delle autonomie territoriali sul tema sanità, dall’altro conferma che spetta allo Stato un ruolo di “garante di ultima istanza” che esercita attraverso il potere sostitutivo previsto dall’articolo 120 della Costituzione. Ad ogni modo, credo che in visione di un futuro ripensamento del Titolo V della Costituzione, dobbiamo approntare una seria rivisitazione dell’istituto del commissariamento e dei piani di rientro che, così come normato oggi, non risponde più alle logiche e politiche economiche dei nostri tempi in cui, finalmente, si torna ad investire abbandonando definitivamente la stagione dell’austerity.

Mi preme sottolineare che l’illegittimità del commissariamento reiterato era stato da me denunciato a più riprese, anche con atti di sindacato ispettivo nella scorsa legislatura, ma c’è un elemento sottaciuto da molti che invece va esplicitato. Nella mia interpellanza urgente discussa il 27 novembre 2015, grazie alla puntuale risposta dell’allora Sottosegretario di Stato alla Salute, Vito De Filippo, fu chiara -come un lampo di luce nella notte calabrese- la responsabilità della Regione Calabria: “Non risulta a questo Ministero che gli organi istituzionali della Regione Calabria abbiano, né nel 2013 né ora nel 2015, manifestato l’intenzione di presentare un nuovo piano di rientro”. L’amara verità, dunque, è che, per molti anni, il commissariamento è stato utilizzato come alibi di rimpallo politico delle responsabilità.

Anche se riconosco, senza cedere a semplificazioni illusorie, che insistono oggettive difficoltà che hanno reso e rendono tuttora difficile la presa in carico del problema a tutto tondo. Subito dopo l’elezione dell’allora Presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio, infatti, avevo proposto di fare fronte comune e riscrivere insieme un nuovo piano di rientro per chiedere ai Ministeri vigilanti l’uscita dal Commissariamento. Non se ne fece nulla, le condizioni politiche non erano ancora favorevoli ad una cooperazione in tal senso. Avviai, così, un’opposizione dai banchi del Parlamento senza sconti, pur in assenza di rappresentanti regionali del M5S in Calabria. Tengo bene a mente, infatti, gli imboscati di allora e gli opportunisti di oggi.

Ad ogni modo, ciò che muove tuttora il mio operato politico è la difesa per una parità di accesso al diritto alla salute in Calabria affinché si interrompa l’indicibile emigrazione sanitaria, anche per mancata vigilanza sui rimborsi sanitari verso strutture fuori Regione.

Oggi più che mai, come unica rappresentante calabrese del Governo Draghi, vedo nitidamente la possibilità di un riscatto politico trasversale e la voglia di collaborare per la ricognizione del debito ed il superamento del Commissariamento.
Per stralciare ogni posizione debitoria del passato, serve una ricognizione definitiva del pregresso e sancire una nuova gestione libera da errori e contiguità delinquenziali sui quali opererà la magistratura contabile e penale.
Inoltre, sulle difficoltà delle regioni meridionali e quei criteri ingiusti che a partire dal FSN hanno ulteriormente deteriorato i Livelli Essenziali di Assistenza, c’è un impegno concreto del Ministro Speranza ed anche una rinnovata attenzione da parte del Ministero di Economia e Finanza.

E proprio perché non sempre il tempo a disposizione è stato utilizzato in maniera efficace, credo che adesso si debbano fare passi ben ponderati ma decisivi nel superamento del debito storico della sanità calabrese. Perché, a partire dalla prossima legge di bilancio, non avremo più il tempo di tornare indietro a correggere quanto fatto. Speranza c’è, lo Stato pure. Sono convinta che la rinascita dell’Italia parte da Sud e la Calabria dovrà diventare, finalmente, l’emblema delle sfide possibili.

Il PNRR per risultare efficace ha bisogno del Sud e vi spiego perché

di Dalila Nesci, deputata e Sottosegretaria al Ministero del Sud

Per guardare il mondo da una prospettiva nuova, può aiutare l’immagine dell’Appeso nelle carte dei Tarocchi. Di chi con sorriso quasi estatico sa che, appeso al soffitto e a testa in giù, il mondo rovesciato ha più senso di quello già “visto”, ma mai guardato prima da una prospettiva differente.

È per questo motivo che immagino vividamente e credo che sia il nuovo piano di investimenti del Recovery Plan ad avere bisogno del Sud, e non viceversa.

Il Mezzogiorno infatti non è un’astrazione geografica, un racconto storico da relegare a ricordo, né un principio ispiratore per rivendicazioni vittimistiche. No. Il Mezzogiorno d’Italia rappresenta il potenziale inespresso del nostro Paese che, a causa di scelte politiche ed economiche miopi, ha finito per essere condannato a cabina di regia delle mafie e serbatoio di stereotipi cui attinge il main stream populista per rafforzare la cultura della rassegnazione e del fatalismo da animare ogni qual volta si tratti di immaginare nuove prospettive economico-produttive, sociali e culturali in grado di imprimere cambiamenti di rotta sostanziali. Se il PNRR non riuscirà ad emancipare -attivando la leva dello sviluppo economico- le regioni del Sud come Calabria, Sicilia, Campania, Puglia, Basilicata e Sardegna, allora non avrà assolto alla sua funzione di ricostruzione e riequilibrio dalla crisi economica ultra decennale, drammaticamente acuita dalla pandemia. In caso di fallimento, il Paese intero, dimentico troppe volte del Mezzogiorno, avrebbe perso l’ennesima occasione. Ma come fare quindi per vincere la scommessa del Recovery Plan in Italia? Nessun azzardo. Sono due le direttrici su cui puntare: capacità di programmazione della spesa e rafforzamento della pubblica amministrazione nei territori. La capacità di programmazione e quindi di spesa sarà fondamentale per il regolamento dei bandi di gara. Le cui linee discenderanno dalle componenti strutturali che definiscono le missioni del PNRR, e dovranno tenere conto di vincoli territoriali. Nel rafforzamento tecnico  della PA delle Regioni ed enti locali, ci giocheremo tutto sull’immissione di nuove professionalità e nella capacità dell’Agenzia della coesione territoriale del Ministero del Sud di coordinare sapientemente in maniera operativa le nuove assunzioni destinate al Mezzogiorno d’Italia. Il Dipartimento delle Politiche di Coesione da troppo tempo registra dati che rilevano scarsa capacità di programmazione e spesa, anche per il coordinamento scarsamente efficace con le Regioni. Credo molto nella tenacia della Ministra Mara Carfagna che grazie alla sua esperienza potrà imprimere grossi risultati, come già ottenuto per le risorse destinate al Sud nel PNRR. Da Sottosegretaria non farò mai mancare il mio sostegno, credendo nella capacità di mediazione che il femminile riesce ad imprimere. Ecco perché chi parla di Sud non può dimenticare l’impegno concreto delle forze politiche nelle prossime tornate elettorali amministrative e regionali. La capacità di investire a Sud parte dalla serietà del progetti politico-amministrativi messi in campo nelle competizioni elettorali. Eviti di parlare di Sud chi non vuole impegnarsi nel Governo di città,  regioni e aree locali che si trovano con la loro specificità al centro del Mediterraneo, e che saranno cruciali per la transizione ecologica e culturale cui ormai puntiamo all’unisono come tutta l’Unione Europea. Le opere nel PNRR, da concludere entro il 2026, dipenderanno dalla capacità delle governance di Regioni ed enti locali di integrare gli investimenti del Recovery Plan con quelli ordinari nazionali ed europei. Solo con riguardo alla Calabria ben l’80% dei comuni si trova nelle zone periferiche dove vive la metà dei cittadini. Già adesso è a rischio la sopravvivenza stesse dei territori locali e delle piccole comunità: il rilancio avrebbe infatti impatti sostanziali non solo per l’economia regionale calabrese, ma come fattore generale di riequilibrio e laboratorio di innovazione dei nuovi assetti sociali che parte dal Sud e che si irradia per la prima volta verso il resto del Paese.

Penso a l’impellenza di individuare progetti innovativi di rigenerazione urbana e di risanamento ambientale, di salvaguardia e valorizzazione del patrimonio storico-culturale, ad azioni in grado di ripensare le strutture civili e amministrative insieme agli spazi di aggregazione e vivibilità delle nostre comunità (come le unioni dei comuni, che vanno favorite). Penso al rafforzamento della sanità territoriale, che torni ad essere capillare nella vicinanza alle comunità, anche quelle ritenute più marginali, grazie alla riconversione di vecchi presidi ospedalieri, prima strumentalizzati dal rigonfiamento parassitario della sanità “ospedal-centrica” e poi abbandonati per favorire speculazioni. La pandemia ci insegna che occorre ripristinare una sanità pubblica forte, diffusa e distribuita territorialmente, con  l’applicazione rigorosa dei parametri relativi ai LEP (livelli essenziali delle prestazioni). Penso all’indifferibile  potenziamento delle reti e dei servizi: infrastrutture, reti idriche, digitalizzazione, nuovo lavoro, servizi per donne, minori e fasce di disagio sociale, vivibilità delle aree interne, mobilità verde, filiere produttive di qualità e produzioni bio. Occorre puntare in modo strategico alla  riqualificazione del patrimonio edilizio e all’inversione della tendenza al consumo di suolo, per raggiungere l’obiettivo della salvaguardia delle risorsi irripetibili di ambiente, natura e paesaggio e finalmente giungere all’obiettivo di impedire il consumo di suolo. Un definitivo rovesciamento di prospettiva, come dichiaravo in premessa, nell’ottica di garantire  integrazione-rigenerazione-riequilibrio, partendo proprio dal tessuto socio produttivo delle aree più significative e più critiche della Calabria. Esaltandone i fattori di vantaggio, sia in termini di identità culturale, ma soprattutto per quantità e qualità delle risorse primarie ancora sottoutilizzate a disposizione della regione (aria, acqua, paesaggio, boschi, agricoltura, filiere bio nell’agroalimentare e beni storici e culturali).

Chi parla di Sud non può dimenticare l’impegno concreto delle forze politiche nelle prossime tornate elettorali amministrative e regionali. Le notizie di questi giorni sull’accordo tra le forze di Governo per il Comune di Napoli suscita entusiasmo. Auspico con tutto il mio impegno che anche sulla Calabria si possa seguire analogo percorso. Il cuore pulsante della Calabria ha bisogno di ripartire con nuovo scatto.

Per rifondare una durevole prospettiva di sviluppo e di riequilibrio del Sud occorre poi collegarsi con le correnti calde di un nuovo meridionalismo, che parta da conoscenze locali e da competenze accertate di livello europeo e internazionale, dal rafforzamento dei diritti di cittadinanza, che sono argine civile alla prepotenza delle mafie. La rinascita del mercato in aree di crisi, in tutte le regioni del Mezzogiorno, deve coincidere con il potenziamento delle strutture culturali e civili, con investimenti nell’istruzione, nella ricerca, nella formazione permanente, nella digitalizzazione, offrendo opportunità nuove al patrimonio di creatività e all’immaginazione che da sempre sono la forza della cultura e della tradizione di civiltà e di bellezza che il Sud custodisce da secoli. Solo così fermeremo l’emorragia di energie giovani che impoverisce la vita delle regioni e i centri minori del Sud. La visione deve essere centrata sul paradigma produttivo della green economy dalle politiche europee che negli ultimi anni sono state rafforzate dal piano Next generation Eu, a cui anche l’Italia con l’invio a Bruxelles del Recovery plan darà seguito. La priorità del Recovery Plan al Sud non è il trionfo di una società espropriata del futuro, burocratizzata e riconfermata nei ritardi e nell’immobilismo, ma è invece la ripresa di un circuito virtuoso di sviluppo e di progresso civile. Solo così  potremo avviare, mobilitando le forze migliori della società, la perequazione necessaria e ridurre le disuguaglianze e promuovere la coesione all’interno del nostro paese. L’obiettivo fondamentale stavolta è garantire al Sud l’effettivo godimento dei fondamentali diritti costitutivi della cittadinanza: lavoro, salute, istruzione, mobilità.